Qualche mese fa ho avuto il piacere di conoscere personalmente Annamaria Atturo, artista che utilizza le tecniche tessili come medium della sua espressione artistica, e che già da tempo ammiravo per il suo lavoro creativo.
Nata a Fano, cresciuta ad Anzio, e poi tornata nelle Marche per motivi di studio, la Atturo ha deciso di fare delle Marche (precisamente di Tavernelle, un piccolo paese nel Comune di Colli al Metauro) la sua casa perché come afferma “…qui c’è la dimensione necessaria al mio lavoro. Ho deciso di vivere quasi sospesa in questo paesaggio collinare che mi permette di concentrarmi e lavorare in tranquillità.”
La sua vita in un casolare di campagna e la sua dimensione di artista hanno un punto in comune: l’affaccio su paesaggi che ispirano. Così l’arte entra nell’artista attraverso gli occhi ed “attraverso le mani nutre e trasforma l’immaginazione, fuoriesce attraverso i gesti, il tempo, l’osservazione”.
In questa intervista che Annamaria Atturo mi ha concesso aprendosi e svelando la dimensione più intima del suo processo creativo, sono certa che i lettori coglieranno l’importanza del filo per l’artista nell’essere mezzo per una connessione profonda con la propria dimensione più intima.
Ringrazio Annamaria Atturo per la sua disponibilità, per avermi aperto le porte del suo studio d’artista, per la bellezza della sua espressione artistica che è cibo per la mente e per lo spirito di chi osserva le sue opere.
Quando nasce la passione per l’arte?
La passione per l’arte è una necessità, un bisogno di nutrire parte di quel mondo interiore che si forma nelle esperienze del processo creativo.
Da bambina disegnavo moltissimo. Le figure femminili della mia famiglia, docenti di laboratorio Arte del Tessuto negli Istituti d’Arte, mi hanno avvicinato all’arte tessile. Mia nonna era sarta, giocavo spesso tra i suoi ritagli di stoffa, anche mio padre era presente in questo mondo di fili e di nodi, poiché amava tessere le reti che usava per andare a pescare.
Mi sono diplomata in “Arte Grafica” all’istituto d’arte di Urbino nella sezione di incisione guidata dal Prof. Adriano Calavalle. Ho frequentato l’accademia di Belle Arti tra Roma e Urbino, in cui ricordo una docenza del Prof. Bruno Ceccobelli e i suoi incoraggiamenti per le prime esperienze con il ricamo e la tessitura nelle mie opere.
Nel tempo ho approfondito le tecniche tessili come medium d’espressione artistica. Ho esposto in diversi eventi nazionali e internazionali per la promozione dell’arte tessile nell’ambito dell’arte contemporanea.
Quando hai capito che sarebbe diventata la “tua vita”?
Non ho mai smesso di sperimentare il processo creativo, è un modo per misurare il mio tempo.
Esiste una vita esteriore, contenuta in un tempo esteriore, che cerca il riconoscimento del mondo esteriore. La vera vita invece è quella interiore stimolata e arricchita dall’arte in tutte le sue forme. Per me è la misura di un tempo intimo, ritrovato nella dimensione lenta e meditativa delle pratiche di utilizzo del filo.
Hai realizzato molte opere: quale è quella a cui sei più legata?
Ce ne sono diverse e per differenti motivi. Condividere il lavoro realizzato in solitudine in un evento espositivo restituisce moltissimo all’artista. Attraverso l’incontro con un pubblico nasce uno scambio che genera nuovi percorsi. Le opere non sono dei semplici oggetti che un’artista ha realizzato, ma sono la possibilità per chi le osserva di esperire sensazioni, emozioni, riflessioni. Esse percorrono altre vie d’una indagine. Assumono altre forme. Vivono altre vite, di altrettanti mondi interiori, in chi le osserva.
Tra queste voglio ricordare “Mani senza acqua” perché rappresenta un grande tema della contemporaneità.
Realizzata per denunciare le condizioni di sofferenza di chi subisce le conseguenze della desertificazione dovute ai cambiamenti climatici. Un feltro sul quale ho rappresentato due impronte. Mani ricamate sembrano sanguinare fili di lana rossa, filamenti che ricordano il sangue versato simbolo di vita e morte, rappresentano la sofferenza dell’esistenza umana ferita. Un’opera esposta al Museo del Tessuto di Prato in occasione della mostra internazionale di arte tessile in feltro “The climate is changing” nel 2010, oltre ad altre differenti sedi in Germania e Regno Unito.
Come sono cambiati nel tempo i tuoi lavori?
Molto, mi interessa sperimentare. La ricerca artistica non è mai un punto d’arrivo, mai un’autocelebrazione, è qualcosa in continua rielaborazione come una ricerca di sé, quella più autentica. Ho iniziato a lavorare con un telaio antico, successivamente a ricamare a mano vecchie tele. Lavoro il feltro con il quale realizzo panni e sculture in lana. Mi interessa intervenire con tecniche di doratura. L’utilizzo dell’oro nei miei lavori è recente, un elemento dal grande valore simbolico.
Cosa ti ispira?
L’ispirazione è un impulso inspiegabile, non passa per alcuna logica. Per me è difficile definire le dimensioni dell’anima, osservare tutte quelle emozioni che influiscono sulla fantasia, per dare vita ai processi creativi. Posso dire che mi ispirano i materiali, le forme, gli elementi naturali. Il paesaggio che mi circonda mi “entra dentro” negli occhi, attraverso le mani nutre e “trasforma” l’immaginazione, fuoriesce attraverso i gesti, il tempo, l’osservazione. L’ispirazione è qualcosa che ci ricongiunge con l’esterno e l’universale.
Nata e vissuta nelle Marche: come vivi da artista il legame con il territorio?
Sono nata a Fano, cresciuta ad Anzio, tornata nelle Marche per motivi di studio. Ho deciso di vivere quasi sospesa in questo paesaggio collinare, mi permette di concentrarmi e lavorare in tranquillità. Qui c’è la dimensione necessaria al mio lavoro, ritrovato nei gesti lenti che si contrappongono ai ritmi frenetici della società contemporanea.
Spesso definisco il mio lavoro come un “paesaggio nel paesaggio”. Dove gli elementi ambientali che nel tempo ho interiorizzato attraverso le sensazioni si riflettono sulle mie tele e sulle trame tessute. Li ritrovo nelle textures materiche che amo scegliere, come la fibra di ginestra, la lana naturale. Il filo nero invece è la metafora del mio pensiero che si fa segno, ricorda l’inciso, buca la tela con l’ago, intrecciato diventa materico. Scruta, osserva, rielabora. Accompagna la mente in una dimensione più lenta e per questo più elevata, silenziosa, spirituale.
Prossime esposizioni delle tue opere: dove e quando?
Voglio citare l’esperienza virtuale per raccontare il luogo dove lavoro. Un’esposizione immaginaria, per abbattere le barriere fisiche e accogliere nel mio studio curiosi visitatori vicini e lontani. Una narrazione dinamica, dove scoprire strumenti, foto, video, fino a alla fruizione di una scultura in 3D di un’opera in feltro.
Il prossimo evento a cui aderisco si tiene ad ottobre a Fano, è il “3° Gran Galà L’Arte premia il merito sportivo”. Un evento curato da Lello Natella che così descrive: “L’Arte e lo Sport si intrecciano come fili di un tessuto prezioso, esplorano i confini dell’istinto e della ragione, del corpo e della mente. Insieme creano una sinfonia di bellezza, libertà e passioni, tessendo legami indelebili tra persone di ogni origini e Culture”. Nell’arte e nello sport risiedono le più nobili facoltà di plasmare il sociale.